Sabato ho visto al cinema “The quiet girl”, del regista irlandese Colm Bairead, candidato all’Oscar come miglior film internazionale, già vincitore di vari premi, uscito da pochissimo nelle sale italiane. Film delicato, doloroso e riparativo che regala fiducia nella possibilità di suturare ferite e ricucire strappi. Ambientato negli anni 80 in un’Irlanda meravigliosa e incantata, disegna una vicenda di passaggi di una deliziosa bambina  da una famiglia all’altra, difficili passaggi di madre e di padre. Cait, 10 anni, vive in una famiglia senza amore e calore. Solo urla, violenza, derisione, svalutazione. Familiari troppo disfunzionali e appesantiti da carichi di vita troppo grandi perché resti cura, benevolenza, sguardo per l’altro. Non c’è bellezza, preziosità e valore che Cait senta riflessi negli sguardi di coloro che contano, quelli dei genitori e delle sorelle. Così Cait si nasconde, fugge, tace, scompare. Non vista, soffre in silenzio e si fa inconsistente fra vergogna e disagio di esistere. Ma il destino di Cait avrà una svolta decisiva e dirompente. Verrà infatti affidata alla cugina della madre e a suo marito per il periodo estivo. Coppia di mezz’età, benestanti, senza figli. Persone di campagna che lavorano sodo e si prendono cura con  sollecitudine e dignità della  casa, degli animali, dei terreni, dei malanni dei loro vicini, insomma che vivono prendendo a cuore la vita. 

In questa nuova casa Cait fiorisce..inizialmente incredula di quello sguardo di attenzione su di lei, si apre alla vita proprio grazie ad esso. inizia a sentirsi vista, amata e accudita.  Quell’inedito e nuovo calore le scalda il cuore e la anima. Nutrita di cure amorevoli non fugge più, non si nasconde, non esita a parlare e a esserci. La cura fa fiorire la sua vita emotiva e la mette in contatto con il mondo dei sentimenti di sè e degli altri intorno a lei.   I tre personaggi  si intrecciano per riparare e colmare  vuoti passati e solitudini ( non solo di Cait). Nella casa i gesti ordinari e quotidiani, i riti casalinghi, le attività condivise, i piccoli semplici piaceri quotidiani addolciscono, contengono  e curano le ferite dolorose di tutti. 

Il film parla di cura, attenzione, ascolto attraverso i gesti, così fondamentali nella cura di un bambino.  I dialoghi sono essenziali. Il silenzio parla più delle parole certe volte. I gesti danno un ritmo poetico e rassicurante alla vita e al legame che si va snodando fra i tre protagonisti.

Un film che cura e che insegna che i veri legami familiari non sono quelli di sangue ma sono quelli contraddistinti dall’attitudine alla premura per l’altro, alla stabilità alla coerenza e all’amore. Solo menti come queste sono in grado di aiutare un bambino a dar senso alla realtà  e soprattutto allo stare al mondo.

il finale è commovente e aperto. È lo squarcio della vita emotiva che si libera nella sua profondità e complessità tra amore e dolore.. 

Da vedere! Cait giovanissima attrice esordiente straordinaria!