Cito dal libro di G. Civitarese e A. Ferro dal titolo “Vitalità e gioco in psicoanalisi”:
“Curare in analisi è tessere fili di umanità, espandere il contenitore psichico. I fili sono le proiezioni fantasmatiche di ciascuno nell’ altro e le emozioni che le accompagnano. Per la psicoanalisi la mente è il TRA gli individui. L’io è un noi, la sua stoffa è intessuta degli infiniti fili che ci collegano gli uni agli altri. l’io è relazione. Per espandere l’io bisogna collegare più fili. La qualità propria degli esseri umani è la capacità di tendere questi fili”
Tra le menti avvengono di continuo scambi inconsci che creano un campo emotivo e fantasie inconsce condivise, il cui senso è più della somma degli elementi che lo compongono se presi isolatamente.
Nella stanza di lavoro l’ascolto del pensiero onirico con l’avvento nella mente di scene, storie, film aiuta a dar senso a ciò che avviene nelle sedute.
Con una giovane adulta molto in difficoltà perché inondata da ansie multiformi sul corpo e fantasie catastrofiche sul mondo e sul futuro
nel corso del nostro lavoro mi venne spesso la fantasia che quello che stavamo facendo era riparare le maglie slabbrate e bucate del suo Sé. nuovi fili lentamente rimagliavano e ricucivano insieme le parti del tessuto logoro, fragile, sgualcito e danneggiato. Una stoffa di tanti nuovi fili emotivi intrecciati tra loro. 
Rielaborare una storia pesante di bambina ferita e deprivata nutriva la mente e trasformava nel tempo i grumi di pressioni e tensioni interne mai tradotte e significate.
In certi momenti avevo la sensazione che stessimo in una bottega sartoriale artigianale di una volta, con tanti fili di diverso spessore, tono cromatico, luminosità che aspettavano di esser tessuti insieme per fare un prezioso prodotto creativo. Questa fantasia mi/ci è stata molto di aiuto nei momenti più duri e drammatici per coltivare la fiducia, tenere viva la speranza assumendo quella postura emotiva volta al sogno di una nuova produzione creativa cocostruita dalle menti al lavoro.