Meltzer e Winnicott assegnano allo sguardo materno, sguardo sognante e desiderante della madre, la funzione di contenimento delle angosce primarie del suo bambino, restituendogli una sorta di corrispondenza e reciprocità estetica.

La madre contempla e ammira la bellezza del suo bambino ed è a sua volta ammirata dal suo bambino che negli occhi della madre trova sé stesso. Secondo Winnicott per guardare il mondo creativamente e per cercarne e sentirne la bellezza l’individuo deve aver internalizzato l’esperienza di esser stato visto con uno sguardo desiderante e le operazioni psichiche implicate in questo processo (mirroring cioè rispecchiamento) evocano la dimensione della bellezza. La cura della madre e l’esperienza del bambino di questa cura costituisce la prima esperienza estetica umana in assoluto.

Il piacere perturbante di sentirsi emozionati di fronte a una poesia, a un quadro, a un panorama dipenderà da quei primi momenti in cui il mondo interiore del bambino riceve una forma dalla madre. La prima estetica umana influenzerà lo sviluppo psicologico e l’evoluzione del carattere e predisporrà tutte le esperienze estetiche future.

“La psicoanalisi come cura ha a che fare con la bellezza. La bellezza in psicoanalisi è la felice configurazione relazionale della transitoria e fugace sintonia fra le menti dei soggetti in campo”

La bellezza in psicoanalisi può esser vista come un organizzatore inconscio della funzione di pensabilità. La relazione terapeutica è un ambiente generativo di forme non ancora configurate in parole, storie e immagini, un ambiente in cui la tensione verso l’altro prende forma in modi non ancora narrati, e sognati, un ambiente aperto al molteplice e all’eterogeneo.