Una ragazzina con una importante malattia congenita all’esofago è sempre compiacente e si mostra sempre adeguata rispetto gli altri per coprire una paura di non esser accettata e amata, con un vissuto negativo di sé (nel corpo e nella mente) da tenere scisso e nascosto. In una seduta da remoto piange a dirotto quando scopre che il suo libro intonso e nuovissimo dei compiti delle vacanze è stato leggermente scarabocchiato da una sua compagna con dei segni con la biro tracciati sulla copertina. Questi segni sono intollerabili, piange, si dispera, impreca, perché non li può cancellare. Vuole buttarlo via o distruggerlo. Una rabbia dirompente, incontenibile, fragorosa per queste linee di biro che restano, senza possibilità di esser cancellate. ”Non è giusto”, si arrabbia, urla, piange dicendo che il libro nuovo e perfetto è stato rovinato per sempre. Mentre piange di dolore e di rabbia mi dice che lei fa schifo sia per il suo corpo sia per il suo carattere.

Chiedo perché si sente così.

Risponde che non è che si sente così, ma che fa schifo davvero.

Chiedo perché? Alza la maglietta e mi mostra decisa e risoluta tre cicatrici diverse una lunga orizzontale sull’addome, una dietro la schiena e una verticale su un fianco. “Faccio schifo nel corpo per le cicatrici, e nel carattere perché se le guardo mi faccio schifo e faccio le scene di rabbia insomma tutto uno schifo”.

Come ti sembra tutto uno schifo il libro scarabocchiato con linee a penna poi che non si cancellano. Non lo sopporti proprio. Lo vorresti buttare o distruggere.

Comprendo la sua ferita narcisistica, il dolore, la rabbia del corpo segnato da linee cicatrici indelebili che è la prima volta che mi mostra che richiama la ferita intollerabile del libro nuovo e perfetto rovinato per sempre da segni di biro, come il suo corpo.

“Hai ragione a esser triste e arrabbiata.

Un po’ come con il libro, vorresti avere il corpo senza linee cicatrici e immagini un corpo perfetto”. “Sì come quello delle amiche” dice.

La scissione corpo perfetto proiettato sulle amiche e corpo rovinato per sempre leso brutto ripudiato è venuta fuori nelle parole. E il grumo di tensioni dolorose ha trovato voce, significato, ed è stato ospitato e accolto da una mente che non nega la profonda ferita narcisistica di avere/essere un corpo come il suo.

“Menomale che anche tu non mi dici eh ma cosa vuoi che sia, non ci devi pensare, dimenticale…” la sua difesa che utilizza finché può’ (scissione e negazione)

Quando si calma troviamo delle idee per riparare la copertina del suo libro. Forse etichette, adesivi, disegni?

Poi decide con il pennarello di scrivere il suo nome utilizzando i segni di biro come una sorta di stampo da cui partire e vi crea sopra una scritta spessa, materica, colorata, espressiva, bellissima con il suo nome.. sono commossa del suo lavoro riparativo, creativo e trasformativo. Anche lei è soddisfatta!!

Alla fine la copertina è diventata originale unica speciale come lei! Una presentificazione di se’ e delle trasformazioni verso l’integrazione fra corpo e mente, fra immagini scisse di Sè, fra inconscio e conscio, tra impulsi e parole per dire..all’interno di una relazione terapeutica che cerca di favorire la digestione e la trasformazione dei grumi di fatica e tensione psichica in figurabilità e pensabilità.