Una pediatra mi chiama per chiedermi un primo parere. Un suo paziente di tre anni e mezzo è molto indietro con il linguaggio. Parla poco e quel poco è poco comprensibile. Che fare? A chi rivolgersi? Le chiedo la sua impressione sul bimbo, come le sembra. Le pare sveglio, con tante potenzialità. Ascolto la sua sensazione… non lo invierebbe alla NPI e neanche (per ora) alla logopedista. Così lo incontro con mamma è papà.

Sento un sistema familiare chiuso su sé stesso, dove non circolano emozioni che aprono al mondo, mettendo senso e vero investimento affettivo su di esso. La mamma è straniera e la sua storia infantile è di solitudine e di deprivazione, il papà, molto concreto e iperprotettivo, lavora moltissimo ed è poco presente in casa.

La signora, al ritorno dall’asilo è stanca e si occupa della casa, fa fatica a parlare con il figlio, che cura con grande sollecitudine ma con poco calore e autentico piacere, non ci sono tra loro scambi di gioco, storie, racconti, parole vive. Il bimbo dorme nel lettone, prende il latte nel biberon. I genitori lo vedono piccolo, come senza età, non in divenire. Non riescono a pensarlo dove vorrebbero che fosse.

La relazione md/bo è fondante non solo lo sviluppo affettivo e sociale, ma anche lo sviluppo cognitivo, linguistico e motorio. È nella relazione che si sviluppa la mente, che affiorano il gioco, il linguaggio, il pensiero, che producono a loro volta intrecci di relazione e di dialogo.

Il linguaggio gemma nel bambino dalla crescente capacità di rappresentare simbolicamente l’esperienza emozionale nel rapporto con il mondo.

Con la rêverie, Bion intende quello stato di recettività, di accoglimento e di contenimento nella sua mente (da parte della madre) dei messaggi espliciti e impliciti del bambino: emozioni, tensioni, angosce, disagi.

La madre ha la funzione fondamentale di decifrare e tradurre i segnali del bambino restituendoglieli digeriti e trasformati. E il linguaggio nasce dentro la relazione come processo mentale e anche come comunicazione.

In questo caso, come spesso avviene, il ritardo del linguaggio è espressione di un problema più generale di relazione.

La madre, in contatto con il mondo sensoriale e protomentale del bambino, con la sua funzione di rêverie, conduce allo sviluppo dell’apparato mentale. È dalla relazionalità che emerge l’individualità intesa come esperienza di sè, di esistere e di avere una vita mentale.

Il linguaggio verbale è la sommatoria di tutti i processi di sviluppo del bambino, che comprendono le acquisizioni relazionali, affettive, Intellettive tra loro intrecciate

Nella letteratura si considera i 36 mesi come limite oltre il quale è meglio indagare il ritardo linguistico.

Impostato un lavoro famigliare, Il bambino viene ospitato da una mente che lo vede nella sua soggettività, gli dà credito e gli parla con parole vive e coinvolgenti all’interno di scenari di gioco simbolico che si cocostruiscono e mettono in scena il suo mondo interno. Intonazione, mimica, gestualità, sguardi, emozioni partecipate di stupore, coinvolgimento, sorrisi, da parte della terapeuta portano gradualmente il bimbo ad accendersi, ad avviare il motore di una mente inibita. La relazione dentro, con e fra il gioco simbolico avviene con piacere, gusto, affettività, e il bambino sperimenta il piacere di partecipare, di essere con … e il linguaggio anche se incomprensibile finalmente si avvia col piacere di dire e di condividere qualcosa di significativo e prezioso.

I genitori, capaci con un benevolo supporto, a crescere e a mettersi in gioco, si avviano nel tempo a espandere di emozioni, di senso, di parole, la relazione con il figlio, che può via via espandersi nel mondo esterno, che sembra a tutti più ricco, con la sua complessa grandezza e con la sua sorprendente bellezza.