Di grande suggestione sono le parole di Thomas Ogden (1946) uno degli psicoanalisti contemporanei più innovativi e straordinari e anche scrittore di testi di narrativa, con le quali critica la tendenza alla definizione, l’eccesso di precisione razionalizzante che satura, ingabbia e soffoca la creatività e l’immaginazione. Ritiene infatti che “parole e frasi, come le persone, devono poter conservare una certa indeterminatezza”.
Cito ancora Ogden: “le parole, quando sono vive e respirano, sono come accordi musicali: la piana risonanza dell’accordo o della melodia deve offrirsi all’ascolto in tutta la sua suggestiva imprecisione”.
Nella stanza di lavoro certe parole risuonano, luccicano, si colorano di senso che si costruisce insieme, paziente e psicoterapeuta. Accade che si diano pennellate, scie di senso, canovacci di significati non chiusi, definiti e saturanti, ma avvii di fili di narrazioni intrecciati insieme, cocostruite dall’immaginazione, dai flussi creativi che circolano nella seduta…
Con i bambini e i ragazzi ma anche con gli adulti metafore, neologismi, modi di dire condensati di senso della coppia al lavoro emergono dal sentire sentendosi del terapeuta, dagli intrecci di vivide risonanze di pittogrammi e brani di pensiero onirico, che creano aperture nuove e scenari inediti per sognare storie non ancora sognate.