Il modo in cui abitiamo e sentiamo il corpo dipende da come il corpo, e più in generale, l’intera persona è stata vista, curata, trattata nella relazione primaria con la madre. Se lo sguardo materno, che fa da specchio riflettente è uno sguardo vuoto o distante, che non sa vedere la bellezza nel suo bambino, o se ciò che ritorna al bambino è invidia o odio, l’integrità della persona sarà fortemente a rischio. La soggettività si costruisce attraverso lo sguardo della madre.

Se il bambino è stato prezioso per la madre, ed è stato oggetto di sguardo sognante, desiderante e amorevole, vedrà la preziosità dentro di sé e nel mondo.

Nella stanza di lavoro una ragazza, che aveva purtroppo avuto uno sguardo materno non amorevole, ma anzi repulsivo, era molto sofferente. Lo sguardo iniziale, che non aveva costituito un organizzatore del Sé in quanto mancato fattore di contenimento e trasformazione, le aveva recato profondissimi vissuti di vergogna e disvalore. Fantasie autodistruttive abitavano la sua mente. Come non si sentisse in diritto di esistere. Non poteva riconoscersi nulla di buono, le risorse erano negate, perché non erano pensabili in quanto non si sentiva meritevole di cose buone.

Portava in seduta un corpo come non suo, non integrato, non conosciuto, solo un involucro di organi, che veniva attaccato con fantasie autolesive che le rapivano la mente.

Mancato tocco, contatto, sguardo iniziale avevano lasciato una fragilità narcisistica, che la facevano sentire come trasparente, invisibile e insignificante.

Il fattore di cura più efficace penso sia stato lo sguardo, il mio sguardo. Quello che passa dagli occhi ma nasce dal cuore, e che vede la bellezza che non era stata vista.

Un giorno la ragazza mi disse che quando veniva alle sedute si vedeva meno brutta e ogni tanto anche abbastanza carina. Era come fungessi da specchio, mi interrogai e riflettei molto sullo sguardo che posavo su di lei.

Io l’ho sempre vista molto bella, non solo sul piano estetico ma soprattutto sul piano della sua bellezza estesa. Questo sguardo via via nel tempo, lungo il viaggio terapeutico, con lente, graduali e sofferte trasformazioni intrapsichiche, le ha permesso di avviarsi verso un’ iniziale valorizzazione del Sé corporeo e psichico. L’ambiente terapeutico crea flussi e movimenti prima mai sognati, non ancora narrati e nel percorso si cocostruiscono inediti scenari e nuove visioni possibili di Sé e del mondo.