Una ragazzina di 14 anni arriva in urgenza per il lutto recente del padre, venuto a mancare per complicanze della dipendenza da alcol.

I genitori erano separati da tempo.

Alla ragazza, già ansiosa prima della grave perdita, manca l’aria, non riesce ad andare sui mezzi e fatica ad alzarsi per affrontare la scuola. Ha crisi d’ansia e paralisi del sonno. Il corpo esprime il dolore per questo cataclisma che l’ha travolta e di cui fatica a parlare.

Il trauma può rendere muti. E può far sentire la vita spezzata rompendo la biografia e facendo da spartiacque fra un prima e un dopo.

Il rapporto con la madre diviene ipercontrollante e adesivo, con una fatica a separarsi da lei. Diventa ossessiva per l’ordine e lo sporco.

La tensione dolorosa viene evacuata nelle somatizzazioni o tenuta sotto controllo con modalità di stampo ossessivo.

Le sedute si riempiono di racconti di fatti, di cosa avviene a scuola e a casa. E di descrizioni dell’ansia a uscire e dei malesseri del corpo. Sento le sedute piene dell’assenza del padre. Di lui non si parla. Forse quello che con fatica sta facendo lei. Cerca di reggere l’assenza con tutti i meccanismi difensivi che riesce a utilizzare. Capisco la fatica che sta facendo. Ci vuole tempo per accostarsi a un lutto tanto pesante.

E’ il disegno che ci aiuterà ad avvicinarci piano piano al dolore. I disegni (belli, espressivi e colorati) rappresentano brocche, vasi, angoli di cucina con provviste, tegami sul fuoco, piatti e bottiglie. I contenitori evocano i quadri di Morandi coi sinuosi vasi affiancati che con le loro forme parlano al mondo.

Mi sembra che nelle sedute stia sperimentando il senso di essere contenuta alla giusta distanza. E con il disegno della cucina c’è un’atmosfera di intimità e di cibo condiviso come avviene nelle nostre sedute. Mi restano in mente i suoi disegni che lascio posati lì nella mia mente. Parleranno poi di tanto altro. Con il tempo la ragazzina migliora rispetto alle ansietà fobiche e ossessive. Trova nelle sedute uno spazio prezioso dove alloggiare le sue vicende, i malesseri, le fatiche, il rapporto con la madre. Parla sempre poco del papà ma sa che quando e se vorrà ci sarà spazio per contenere e cucinare e digerire insieme tanta fatica e dolore come in una cucina con qualcosa sul fuoco di non ancora pronto che aveva disegnato. Continua i suoi disegni di seduta in seduta come a creare una narrazione di sé e del suo mondo interno. Una volta, parlando del tegame sul fuoco, le dico:”Chissà quando sarà pronto”.

Un giorno per motivi organizzativi sposto la seduta molto tardi nel pomeriggio, quasi a orario di cena. Quando la vedo dico che mi dispiace, che è un orario un po’ scomodo, quasi orario di cena. Si emoziona e scoppia a piangere e mi parla delle cene con il suo papà una volta a settimana che avvenivano proprio nel giorno delle nostre sedute.

Mi parla della casa del papà, che mangiavano in cucina. Che spesso era lei che tirava fuori le cose e apparecchiava. Emerge il dolore della perdita di un papà amato ma anche temuto perché difficile e imprevedibile per la dipendenza dall’alcol.

Lei era sempre in allerta se nella brocca c’era vino o no. E aveva paura di andar in giro con lui perché a volte si alterava innervosendosi.

Il dolore era misto a rammarico che il padre fosse stato così difficile e problematico. Emerse anche la paura di perdere la mamma, che, anche lei un po’ impulsiva e collerica, doveva sempre controllare.

Ricordo quella seduta spostata come momento topico del nostro percorso.

Da allora ebbe sempre meno bisogno di difendersi dalle emozioni che aveva dentro, le raccontava e le cucinava con me nella stanza. Nelle sedute, come in cucina, si tirano fuori cose congelate dal freezer, si mischiano ingredienti, si integrano insieme, si assemblano, si mescolano, si cucinano, per fare buoni pasti digeribili da condividere.

La messa in scena (come in una rappresentazione teatrale cocostruita) nei disegni, giochi, sogni e metafore delle matasse e dei grumi interni di malessere porta nel tempo alla loro graduale trasformazione e metabolizzazione.