Ripenso al sogno di una ragazzina che mi ha raccontato ai tempi della DAD, quando a scuola non si andava.
Aveva sognato un edificio, una scuola, forse di colore giallo. Aveva messo in scena questo sogno/film girato nella scuola gialla: pochi gradini grigi portavano dall’atrio centrale al cortile esterno. Il cortile era il centro della scena: lì c’era lei che si incontrava con altri studenti/esse a ricreazione. Nel cortile si chiacchierava, si rideva, ci si raccontavano cose, ci si accordava per uscire la sera, ci si conosceva fra sezioni e età diverse. Alcuni giocavano a pallavolo. Alcuni intonavano ritornelli di canzoni. Il cielo era azzurro. Era un piacere stare fuori tutti insieme, c’era davvero una bella atmosfera. Ogni tanto si vedevano i passanti fuori dal cancello che delimitava il cortile. 
Ho fatto parlare il sogno che racconta di questa studentessa, che era dispiaciuta di esser in solitudine nel lockdown, aveva tanta nostalgia della vita extrafamiliare, sociale e amicale. Si innervosiva un po’ con i genitori, che non era abituata a veder così spesso. E così si chiudeva spesso nella sua stanza tra musica, serie, cellulare, social, cercava i confini del suo se’ in trasformazione. I suoi genitori capivano e rispettavano. Riusciva a stare dentro alla solitudine come poteva, cercando relazioni a distanza con amiche e compagne…e occupando il tempo facendosi una discreta compagnia. Ogni tanto piangeva, si sfogava soprattutto di sera, con la musica nelle orecchie. Soffriva in quei momenti, tanto. Si sentiva vuota, inutile, un po’ persa avendo perso il suo mondo fuori. Al mattino c’era la scuola nello schermo. Il suo mondo affettivo tutto corpi, slanci, incontri e vitalità era diventato bidimensionale. Non si sentiva molto vista dai professori, ma si convinceva che il rapporto affettivo non cambia attraverso uno schermo. Era contenta quando la prof faceva una battuta, quando si vedeva che era negata per la tecnologia… e meno contenta quando i prof dicevano con severità di tener accese le telecamere. Faceva fatica a seguire, si perdeva via, ogni tanto inviava messaggi alle compagne, faceva scarabocchi sui libri, ma i risultati c’erano e non solo grazie a qualche bigliettino appiccicato sul pc. Era riuscita a non mollare la motivazione. E il sogno?
Questo è un sogno che sembra un film di cui lei è regista sceneggiatrice, costumista. Ha scelto gli attori e le attrici che hanno seguito il suo copione.
Ambientato in un cortile animato da voci, urla di ragazzi che scherzano, rumori, persone amiche, note o meno note, illuminato dalla luce di una giornata dal cielo blu. Ognuno ha la sua età, una famiglia, fa parte di un quartiere, di una comunità, ha un suo paese d’origine, ma tutti condividono il cortile. E si sta bene insieme, ognuno diverso ma in condivisione dello stesso luogo. Non ci sono competizioni, discriminazioni, esclusioni, c’è un fluire di vita e colori e dinamismo di giovani che vanno e vengono dall’atrio centrale. E il cortile non ha muri intorno, ma una cancellata che permette di vedere la città intorno alla scuola. Il cortile è a cielo aperto. C’è luce sotto il cielo blu e ci sono intimità, compagnia, leggerezza, complicità, gioco, ricreazione, scambio, relazione, amicizia, e amore? (chissà).
Crocevia di età diverse che si incontrano, che si scambiano sguardi e saluti, maschi e femmine, non ci sono pericoli che vengono da fuori la cancellata (mondo degli adulti che passano magari con il cane, magari vanno a far la spesa, magari al lavoro), hanno i loro compiti gli adulti, non sono temuti, non ci sgridano troppo, non invadono, ma ci vedono nel cortile della scuola, magari scambiamo con loro un sorriso, ci vedono che siamo studenti. La scuola regala il ruolo sociale di studenti, ben separato dal ruolo degli adulti o dei bimbi piccoli che giocano e basta. Non ci sono neanche pericoli che provengono dall’atrio, dove ci sono bidelli simpatici e dove passano i prof nel cambio ora o per il ricevimento genitori. Gli adulti a scuola sono autorevoli e affidabili, impegnati nelle loro mansioni di cura e di istruzione e di educazione. 
Sensazioni di rispetto reciproco, distanze tra età e ruoli diversi ma anche contatto, buoni incontri, compartecipazione a qualcosa di comune: il fare e essere scuola, il mondo dei ragazzi. Il loro mondo. Con degli adulti importanti in assoluto e in quanto appartenenti a un mondo alternativo alla famiglia.
Questa ragazzina aveva dentro di sè un nucleo caldo e sufficientemente confortevole, una famiglia interna sufficientemente buona, da cui si sentiva comunque sostenuta per cui nel quotidiano poteva permettersi di esser un po’ scontrosa e nervosa tanto sapeva che la comprendevano nei suoi malumori, nelle sue tristezze e nel suo bisogno di chiudere la porta della sua camera, in fondo gli adulti anche a scuola mica vengono nel cortile con noi, se ne stanno a chiacchierare tra loro perché ci danno fiducia. Il cielo azzurro è profondità, apertura, orizzonte, non c’è costrizione, non c’è qualcosa che imbriglia, che chiude, che schiaccia; anche l’atrio ha grandi finestre, è arioso, transito di presenze che compartecipano della stessa comunità educativa, formativa, affettiva, socializzante, sostegno alla crescita evolutiva ed emancipatoria dei ragazzi rispetto alla nicchia protettiva della famiglia. 
Sicuramente nelle sedute i sogni, come il resto, sono cocostruiti fra terapeuta e paziente.
E’ un cortile di intimità e scambio anche il nostro incontro e il nostro percorso fatto di fiducia, di ascolto e contenimento e aiuto nella tenuta della crescita evolutiva verso l’autonomia e la libertà degli incontri futuri nei tanti nuovi cortili che verranno. È un sogno un po’ anche mio. Un regalo fatto da una ragazza che come tutti i suoi coetanei, ha sofferto nella pandemia, ma che è stata più fortunata di altri ragazzi più fragili. Aveva dentro di sé buoni legami, buone istanze, buoni riferimenti e anche un breve tratto di aiuto psicologico e poteva attingere a tutto questo per riuscire a sognare un cortile crocevia di ragazzi in crescita animato di sguardi, sorrisi, curiosità timidezze, abbracci, sicuramente insicurezza ma fiducia di buoni incontri perché i grandi, cioè i genitori a casa o al lavoro, e gli adulti a scuola, stavano facendo tutti un buon lavoro con la cura, con l’impegno, con la vita, con l’etica. Questo era il suo film. Un film di fiducia, rivolto al futuro. Sarebbe bello che i buoni sogni dei ragazzi si avvicinassero alla realtà della società che noi lasciamo loro in dono.