Pieno di spunti il bellissimo libro” Nello spazio del lutto” da cui ho attinto pensieri sulla tenerezza.

Se riusciamo a tollerare e anzi a investire la sosta rispetto alla famelica corsa per far propri gli oggetti amati, piegandoli al nostro desiderio, proprio grazie a questa sosta può emergere, qua e là, in certi momenti il “fattore T”: una corrente di tenerezza verso la diversità dell’altro e verso la comune fragilità.

La tenerezza è un protendersi verso l’altro nella sua alterità riconoscendola e gustandola in quanto tale. La tenerezza è un elemento pulsionale trasformato, non muove da attese verso il soddisfacimento concreto. Essa è gratuita, è un rapimento del cuore verso le manifestazioni dell’umanità dell’altro, non si aspetta in cambio fedeltà, adesione o sottomissione. Essa accade, non la si può preparare né cercare volontariamente. Si orienta verso gli aspetti di fragilità e di bisogno che ci accomunano tutti.

Protendersi verso l’altro, riconoscendolo come diverso da sé e come simile, è il cuore del “sentimento oceanico, una immersione, un’attrazione che lega tra loro le cose del mondo aldilà di tutte le differenze “ ( Freud), sentimento che lega, connette, facendo sentire ciò che è comune: fa percepire la continuità fra gli altri e aspetti di noi.

Considerato per molti anni un sentimento regressivo che richiama un funzionamento mentale simbiotico e indifferenziato, in contrapposizione al funzionamento separato, il livello più complesso dello sviluppo, ad oggi i due funzionamenti si tendono a considerare coesistenti. Il funzionamento separato tiene sempre dentro anche un altro funzionamento indifferenziato simbiotico. Entrambi strutturano la mente e organizzano il lavoro psichico: l’uno promuove il piacere della specificità personale e la capacità negativa, l’altro il piacere della condivisione e della rêverie. La dimensione fusionale indica una disponibilità a farsi toccare internamente, che favorisce la comunicazione profonda, il capirsi e il condividere. La connessione oceanica sembra indicare un abbraccio dell’anima verso l’altro: è ciò che fa il care giver, o l’analista in seduta. Essi si chinano verso le nascenti differenze del bambino e del paziente.

All’interno di un legame, la tenerezza, fattore T, evoca una disposizione etica verso la vita. La tensione etica che sosta con la differenza- somiglianza in un territorio in cui le distanze e le analogie emergono di continuo dall’esperienza.

Un invito a deporre le ideologie forti e sature, la corsa capitalistica e l’onnipotenza tecnologica in cui ci si è cullati negli ultimi tempi, vedendone anche i limiti. Per sostare e

per “imparare ad esser qui, sul pianeta, abituarci a vivere, a condividere, a restare in comunione in quanto umani del pianeta terra…ad essere terrestri”. Densa e toccante espressione di Edgar Morin