È appena uscito nella nuova edizione curata da D. Di Cesare “Noi rifugiati” di Hannah Arendt. 
Tema attuale. Quali pensieri e desideri abitano la mente di chi è costretto a lasciare il proprio paese?
Hannah Arendt (1906/1975), tra le più importanti filosofe del 900, ebrea, scampata alla Shoah, rifugiata negli Stati Uniti, 80 anni fa scrisse di getto “Noi rifugiati” (1943) su questo tema. Da rifugiata risponde a queste domande. 
L’esperienza della migrazione è spaesante e perturbante. Ancora di più se è avvenuta durante il Nazismo. La Arendt fuggì dalla Germania nel 33, quando Hitler sali al potere, per andare in Francia. Internata nel campo di Gurs, nei Pirenei, fuggì poi attraverso la Svizzera, l’Italia e la Spagna, arrivò a Lisbona e quindi arrivò negli USA nel 41. Ha vissuto lì come apolide fino al 51 quando ottenne la cittadinanza americana. Senza patria, scrive dello strazio fisico e psichico in seguito allo sradicamento coatto.
“Noi rifugiati” curato da un’altra donna filosofa ed ebrea (Donatella Di Cesare) è una denuncia politica che vuol esser corale, che si fa portavoce di una testimonianza collettiva in nome di tutti quelli che vivono questa spaesante condizione. Scrive la Arendt: Non vogliamo esser rifugiati. Esserlo significa sentirsi diversi, un corpo estraneo nella società, e per cercare l’accettazione è necessario rinunciare alla propria identità. La perdita dell’identità è fatta di perdita della propria cultura, dei legami sociali, della lingua, dei luoghi in cui è collocata la propria dimensione esistenziale, della quotidianità che regola e confeziona la vita. Una frattura, una discontinuità che lascia ferite talora insanabili e che richiede un lutto di una porzione di sé.
Primo manifesto politico sul trauma, la frattura della migrazione forzata. Di grande attualità per orientarsi nello scenario politico attuale, dove è andato aumentando il numero di coloro che vengono considerati corpi estranei o rifiuti ingombranti.
Che ne è dell’accoglienza? Della solidarietà della comunità umana? Un libro per riflettere sulla drammatica condizione dei rifugiati. Dei loro diritti.
Si legge: “Gli stati nazionali continuano a discriminare e respingere mentre si moltiplicano i campi di internamento e zone di transito a cui, nelle periferie del mondo, sono consegnati gli esseri umani considerati superflui”
Un libro per non dimenticare lo straziante e alienante sradicamento di chi deve mettersi in fuga da casa, dalla sua origine, dalla culla del Sé.