TRANSITO DELL’ESAME DI MATURITÀ
In bocca al lupo a tutte le ragazze e i ragazzi alle prese con la maturità.

L‘esame di maturità è un rito di passaggio, segna un momento di transito tra un prima e un dopo, tra lo statuto di adolescente e quello di giovane adulto. Per tanti ragazzi, nella stanza di lavoro, si constata come l’ultimo anno di scuola superiore con la maturità sia vissuto con ansietà e incertezza perché evoca, oltre alla paura dell’esame, una conclusione di un ciclo scolastico, e anche una fine di una fase della vita, con una paura del dopo, come un salto nel vuoto.
Il dopo richiede una scelta più adulta. Ci si sente meno nel contenitore gruppo strutturato rassicurante e si è più Sé. Alcuni ritenevano che fosse meglio non fare l’esame di maturità dopo questi ultimi anni accidentati. Ma i ragazzi hanno perso già molti riti di passaggio, hanno rinunciato all’intreccio con il mondo esterno per un anno e mezzo, chiusi nella nicchia protettiva della famiglia e lontani dalla società, dalla vita della comunità.
Se l’adolescenza costituisce un transito fra infanzia e adultità, fra dipendenza e soggettività, fra dentro e fuori, fra famiglia e società, i ragazzi devono recuperare quelle tante Primavoltita’ (così le chiama Carlo Emilio Gadda) perdute in un anno e mezzo di DAD e isolamento. Non fare la maturità sarebbe stato perdere un passaggio fondamentale. Questa maturità ha un suo senso profondo. Un rito di passaggio che, seppur ridefinito e ridimensionato, è importante che ci sia perché richiama i ragazzi a un senso di responsabilità sul loro operato, sulle loro scelte, e su di Sé.
Hanno sofferto molto sia per l’isolamento sia per il ritorno a scuola segnato da un bombardamento ansiogeno di verifiche per recuperare valutazioni. A volte ci si è dimenticati del loro trauma, di come stavano, di come potessero sentirsi. Il disagio psicologico dei ragazzi è aumentato esponenzialmente. La chiusura a casa per il Covid è stata traumatica, segnando una frattura con il mondo fuori, visto solo dalla finestra, e non vissuto con il corpo, l’esperienza, il sogno, il tumulto, la ricerca del mondo e di sé, una frattura del loro mondo esperienziale, affettivo, sociale.
Ma si cresce anche attraverso le fatiche, gli inciampi, i traumi. Dobbiamo offrire relazione e comprensione ma non rimandare loro deresponsabilizzazione o ingabbiamento nel trauma perché con questo sguardo non li aiutiamo a crescere, a resistere, a emanciparsi e a guardare al loro diventare adulti.
L’esame di maturità non poteva mancare, perché non è solo un punteggio che quantifica l’impegno, ma in questo caso è il senso che la vita torna alla normalità, che ci sono dei riti di passaggio ansiogeni ma imprescindibili e fondamentali che danno il senso di sé e scandiscono la vita. L’esame di maturità è un’occasione di rimando per i ragazzi del chi sono, cosa pensano, ed è un segno che si resta dopo il trauma, restano loro, restano gli adulti autorevoli, resta la comunità e la società di cui fanno parte, che c’è ancora la scuola con i suoi riti e c’è ancora il futuro